IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 140/84 cont. Con separati ricorsi depositati in data 15 marzo 1984, Antoniazzi Gemma e Zanon Rina convenivano in giudizio l'I.N.P.S. per sentirlo condannare a riconoscere, in loro favore, il diritto agli assegni familiari, quali coltivatrici dirette, per la prole minore a carico e per gli anni 1976 e 1977 fino alla entrata in vigore della legge 9 dicembre 1977, n. 903, con la liquidazione delle somme arretrate e degli interessi di legge sulle stesse, vittoria delle spese diritti ed onorari di causa e sentenza provvisoriamente esecutiva. Nei ricorsi sopra indicati, le stesse precisavano di aver presentato, in data 30 ottobre 1981 e 27 novembre 1981, presso l'I.N.P.S. di Belluno, domanda di liquidazione degli assegni familiari per i periodi sopra menzionati. Tale domanda veniva respinta dall'Istituto con note rispettivamente del 3 marzo 1982 e 27 marzo 1982. In data 9 aprile 1982 le ricorrenti presentavano entrambe ricorso all'I.N.P.S. e, in mancanza di riscontro, ricorso in seconda istanza al Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Anche quest'ultimo ricorso non riceveva alcun riscontro. L'I.N.P.S. si costituiva in entrambi i giudizi con memoria depositata il 21 maggio 1984 chiedendo la reiezione della avversa domanda in quanto infondata precisando tra l'altro, che il diritto della ricorrente doveva ritenersi ancorato al 18 novembre 1977. Per il periodo precedente, ancora espressamente regolato dall'art. 1 della legge 14 luglio 1967, n. 585, che non risulta ne' abrogato ne' dichiarato costituzionalmente illegittimo, affermava che le stesse non avevano diritto agli assegni familiari, non essendo riconosciute della norma come beneficiarie della prestazione. Con due memorie depositate entrambe in data 9 febbraio 1985 le ricorrenti eccepivano la incostituzionalita' dell'art. 1 della legge 14 luglio 1967, n. 585, per contrasto con gli artt. 3 e 29 della Costituzione. Dopo alcuni rinvii, le cause venivano assegnate a questo pretore e discusse all'udienza del 10 marzo 1989 previa riunione dei procedimenti. Va preliminarmente osservato che, conformemente a quanto evidenziato dalla difesa dell'Istituto convenuto, con la legge 14 luglio 1967, n. 585, e' stato esteso il diritto agli "assegni familiari", con decorrenza dal 1 gennaio 1967, ai coltivatori diretti mezzadri e coloni parziari, capi famiglia, che hanno diritto all'assicurazione obbligatoria per l'invalidita' e vecchiaia ai sensi dell'art. 1 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047, e successive modifiche ed integrazioni, nonche' ai compartecipanti dei nuclei familiari degli stessi. Agli effetti della legge n. 585/1967 si considerano capi famiglia ai fini del diritto alle prestazioni: "1) il padre di figli aventi l'eta' prevista dall'art. 2; 2) la madre di figli, aventi l'eta' prevista dall'art. 2, quando sia vedova, o nubile con prole non riconosciuta dal padre, o separata o abbandonata dal marito e con a carico i figli o che abbia il marito invalido permanente al lavoro o disoccupato e non fruente di indennita' di disoccupazione, od in servizio militare, sempreche' non riveste, il grado d'ufficiale o sottufficiale, o detenuto in attesa di giudizio o per espiazione di pena o assente perche' colpito da provvedimenti di polizia...". Successivamente, con legge 9 dicembre 1977, n. 903, i genitori sono stati posti sul medesimo piano, in alternativa, ai fini del riconoscimento del diritto agli assegni per i figli a carico (art. 9) e sono state abrogate tutte le disposizioni legislative in contrasto con la norma appena indicata. Risultano pertanto abrogati l'art. 3 del t.u. assegni familiari (approvato con d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797) e l'art. 1 della legge n. 585/1967. Inoltre la Corte costituzionale con sentenza 2 luglio 1980, n. 105, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma, del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 (nella parte in cui non dispone che gli assegni familiari, spettanti per i figli a carico possono essere corrisposti in alternativa alla donna lavoratrice alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti per il lavoratore) e dell'art. 6 del d.P.R. n. 797/1955 (nella parte in cui non dispone che gli assegni familiari spettanti per il coniuge a carico possono essere corrisposti alla moglie lavoratrice alle stesse condizioni previste per il marito lavoratore). Cio' posto, si osserva che la ricorrente, per il periodo antecedente all'entrata in vigore della gia' citata legge n. 903/1977, non risulterebbe avere diritto agli assegni familiari per difetto dei requisiti indicati nell'art. 1 della legge 14 luglio 1967, n. 585. La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge n. 585/1967 sollevate dalla ricorrente appare pertanto non manifestamente infondata in quanto e' evidente il contrasto con gli artt. 3 e 29 della Costituzione laddove non viene riconosciuto il diritto agli assegni familiari, in alternativa, alla donna lavoratrice o pensionata alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti per il lavoratore o pensionato cosi' come avviene dall'entrata in vigore della gia' citata legge n. 903/1977. La questione appare peraltro rilevante ai fini del presente giudizio giacche' quest'ultimo, atteso l'oggetto della domanda di parte ricorrente, non puo' definirsi senza previa risoluzione di tale questione che, sebbene riguardi una norma abrogata da legge ordinaria sopravvenuta, si ritiene debba avere ingresso alla Corte costituzionale in quanto di tale norma dovrebbe ancora farsi applicazione alla fattispecie dedotta in giudizio.